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Ortodonzia classica e invisibile

L’ortodonzia è la branca dell’odontoiatria che si occupa non solo di raddrizzare i denti ma soprattutto di creare i presupposti affinché vi sia un’armonia di posizione e di funzione tra i denti e le strutture che li circondano: labbra, guance e lingua.

 

Questo equilibrio è fondamentale innanzitutto per garantire stabilità al risultato estetico e, forse ancor più importante, per rendere più efficienti le molteplici funzioni a cui è deputato l’apparato masticatorio (masticazione, fonazione, deglutizione). L’ortodonzia quindi cerca di curare ma ancor prima di prevenire la malocclusione intesa come anomalo “combaciamento” dei denti e delle arcate dentarie. Per spostare i denti dalla loro posizione è necessario modificare l’equilibrio di forze che la determina e la mantiene. In alcuni casi può essere sufficiente correggere forze che già agiscono in bocca (lingua, ciuccio, succhiamento del dito), in altri può rivelarsi necessario aggiungere delle forze esterne mediante apparecchi ortodontici.

 

Esiste una grande varietà di questi dispositivi a seconda della funzione che viene richiesta; la differenza più evidente è se il dispositivo scelto è:

- Mobile (fig 1 e 2), cioè da calzare sui denti ed utilizzare un determinato numero di ore al dì.

- Fisso (fig 3 e 4), cioè attaccato ai denti in modo permanente fino al termine della cura. Tralasciando le differenze funzionali, il grande vantaggio della prima tipologia consiste nel poter avere una miglior igiene orale, lo svantaggio principale è che richiede necessariamente la collaborazione del paziente: se non viene utilizzato come prescritto, infatti, l’efficacia è ridotta o addirittura nulla.

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In quanto condizione che può accompagnarsi a limitazioni funzionali e non ultimo a problematiche psicologiche associate, oltre ad avere una certa trasmissibiltà (in questo caso ereditaria), la malocclusione avrebbe tutti i crismi per essere considerata una malattia; tuttavia è altrettanto vero che molto spesso queste imperfezioni dento-scheletriche non creano alcuna problematica evidente.

Sicuramente la malocclusione è però espressione di un malfunzionamento dell’apparato “bocca” che può contribuire alla genesi di altri problemi al di fuori della sfera funzionale (masticazione, fonazione, deglutizione): malposizioni dentali possono aumentare l’insorgenza di carie e malattia parodontale, la suscettibilità a traumi e fratture, comportare problemi psicosociali (estetica, autostima), anomalie di crescita scheletrica, disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare, dolori cervicali e facciali. Esistono precisi parametri in base ai quali per ogni bocca è possibile quantificare il relativo grado di necessità di terapia.

È molto difficile stabilire un timing ideale assoluto, sia per la grande variabilità interindividuale sia soprattutto per la grande variabilità terapeutica. Tentando di semplificare al massimo, se tra gli scopi del trattamento vi è anche quello di indirizzare la crescita dei mascellari (dispositivo ortopedico) o ripristinare una funzione alterata (apparecchio funzionale), l’inizio terapia sarà più precoce possibile: oltre che per il loro effetto sui denti, infatti, gli apparecchi mobili ed alcuni dispositivi fissi possono rivelarsi utili già fin dalla prima infanzia per favorire un corretto sviluppo dento-scheletrico sfruttando il fatto che il piccolo paziente è in piena fase di crescita.

L’apparecchio fisso iniziato una volta completata la permuta dentale invece non ha più un effetto ortopedico sui mascellari ma si limita a correggere le malposizioni e ad armonizzare l’occlusione. Qualora ci fossero notevoli anomalie scheletriche a causa delle quali la sola terapia ortodontica non possa garantire un risultato soddisfacente, può essere necessario attendere il completamento della crescita e successivamente pianificare una terapia combinata ortodontica e chirurgica in collaborazione con il reparto maxillo-facciale.

Per venire incontro ad una sempre maggior attenzione all’estetica, negli ultimi anni alle classiche metodiche per l’allineamento dei denti si sono aggiunti altri due approcci distinti: uno linguale ed uno mediante mascherine trasparenti.

L’ortodonzia linguale rispecchia dal punto di vista strutturale un classico apparecchio fisso con attacchi metallici e fili con la differenza che questi vengono incollati sulla superficie interna delle arcate dentarie, lasciando dunque libere le pareti visibili dei denti. Al comfort estetico può fare da rovescio della medaglia un leggero discomfort sulla lingua che tuttavia è percepito principalmente ad inizio trattamento quando l’ingombro dell’apparecchiatura costituisce una novità per la bocca.

Le mascherine trasparenti, invece, sono una sorta di sottilissimi paradenti che utilizzati in sequenza consentono il movimento dentale senza dover incollare alcun attacco metallico; vanno portate 24h al giorno eccetto che per mangiare e lavarsi i denti, consentendo dunque una miglior igiene orale rispetto alle apparecchiature tradizionali. Ovviamente, oltre ad essere invisibili, queste mascherine consentono di parlare senza alcuna alterazione della fonazione. In alcune fasi di terapia può essere necessario applicare elastici di trazione ed attacchi sui denti: questi ultimi vengono eseguiti con lo stesso materiale utilizzato per le otturazioni, garantendo dunque un altissimo livello di “invisibilità”.

Sia la cuffia attaccata all’apparecchio dal cosiddetto “baffo” sia la maschera con mentoniera rientrano in quelle che sono definite in ortodonzia come trazioni extraorali, biomeccanicamente ancora attuali per quanto sempre meno accettate esteticamente dai piccoli pazienti.

Queste trazioni sono particolarmente utili per guidare la crescita scheletrica e per fornire un ancoraggio non dentale al movimento ortodontico. L’ancoraggio in ortodonzia è definito come la resistenza offerta a movimenti dentali indesiderati. Dal momento che "ad ogni azione corrisponde sempre una uguale ed opposta reazione", una forza applicata ad un dente produce necessariamente un’azione sull’elemento ma anche una reazione. Questa può essere dissipata su altri denti, producendo movimenti indesiderati, oppure può essere dissipata su altre strutture, classicamente il palato o appunto zone extraorali.

Recentemente è stato proposto l’utilizzo di miniviti come ancoraggio temporaneo (TADs): essendo ancorate all’osso consentono un notevole vantaggio biomeccanico (ancoraggio assoluto) e soprattutto un’accurata selezione dei movimenti dentali desiderati minimizzando o annullando del tutto quelli indesiderati. Diversamente dagli impianti in titanio, le miniviti non vanno incontro ad osteointegrazione quindi appena hanno ultimato il loro compito possono essere facilmente rimosse.

Terapie Garantite e Personalizzate


 

Qualità e Garanzia

Certi della qualità delle nostre cure, viene fornita garanzia a tutti i pazienti che seguono il protocollo di post-trattamento,
consistente in visite periodiche e sedute di igiene orale personalizzate.